lunedì 5 maggio 2008

Credo quia absurdum

Abbazia di Sant'Egidio, Fontanella
Credo quia absurdum… ecco, ora l’ho detto
su queste pietre consunte dai passi,
su queste pietre corrose dai secoli
dove la mano posò la sua croce.

Credo quia absurdum… per come la luce
attraversando l’antica monofora
disegna nel fresco dell’abbazia
un piccolo miracolo di sole.

Accolgo le parole di Agostino
le sigillo nell’antro delle labbra
- diventano soltanto pura luce
per cucire la fede e la ragione.



Fotografia © Daniele Riva


2008

7 commenti:

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

Ascoltare parole che non fanno rumore - è ascoltare i silenzi dell’anima.
Ed l'Eterno ci parla - nei silenzi.

DR ha detto...

Il buio e il fresco di certe antiche chiese - questa è del XII secolo - invitano a riflettere su se stessi, a cercare un dialogo con l'alto. Mi riesce difficile invece in "uffici postali" realizzati da architetti di grido (Botta, per es.) e spacciati per chiese.

Unknown ha detto...

leggendoti ho sentito una goccia distillarsi dal cuore

le vecchie pietre promanano beatitudine,odorano di sacro..ma pure nei manufatti moderni..così audaci..entri, ti siedi e pensi: Mio Dio, anche questo è il Tuo regno, quello il Tuo scranno, questi nuovi pinnacoli, anch'essi tutti sono protesi a Te

DR ha detto...

Adoro quelle vecchie pietre, quelle chiese romaniche o gotiche: vi è passata la storia del mondo. Sono le radici di questo territorio, i punti di aggregazione che dal Medioevo a oggi ci hanno consentito di essere quello che siamo. Questa, in particolare, è nel Bergamasco, a Sotto il Monte Giovanni XXIII.

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

Hai detto bene, "le radici"... impronta inalienabile che traspare in modo più o meno evidente - ma è fondamentale ed inscindibile parte di noi.

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

credo che anche le chiese moderne possano ispirano elevazione. Non accade sempre (anzi!).
Ma sotto sotto, io credo dipenda molto - più che dal progetto - dall'approccio che aveva l'architetto al momento della sua stesura.
Per intenderci: in questo caso non occorre solo ispirazione creativa, ma ambizione ad "elevare" - e questo, io credo occorra "sentirlo" per tramutarlo poi in cemento, vetro, pietra e quant'altro. Allora, e solo allora, questi elementi non sranno soltanto "quattro mura", ma saranno aerei, leggeri, luminosi, eterei. Non soltanto opera d'arte, ma opera destinata a elevarsi - ed elevare... E chi non prova dentro di sè queste sensazioni, non può certo comunicarle...eheh...

DR ha detto...

Quando dicevo di chiese dove è difficile l'incontro con l'Alto, ne intendevo una in particolare, un cubo di mattoni realizzato da Mario Botta in provincia di Lecco. Dentro è anche bellina, niente a che vedere però con certe piccole pievi romaniche di montagna o cattedrali gotiche.

Anche l'occhio vuole la sua parte, per dirla con un banale proverbio.